Dicono di noi

Il legale: «Mentre moriva, Pietrino veniva deriso»



 «Pietrino aveva una gran voglia di vivere. Quei ragazzi lo prendevano in giro e lo deridevano perché era piccolo di statura e aveva una corporatura esile (pesava 35 chili). Ma era molto generoso: dopo la sua morte ha donato tutti gli organi che hanno ridato vita ad altre persone».
 Questo in sintesi l’accorato ricordo di Maria Cosseddu, pensionata di 64 anni, madre del disabile di 35 anni deceduto il 9 giugno 2003 durante un litigio con un giovane al parco di via delle Medaglie d’oro della Resistenza, alla Rosta nuova. «Per un anno intero - aggiunge in lacrime la donna - da quando è accaduta quella tragedia, non sono riuscita a parlare con nessuno. Mi ero rinchiusa nel mio dolore».
 Pietrino, nonostante la sua età, soffriva di «infantilismo», ed era descritto come una persona buona, sensibile e delicata.
 «Quei ragazzi - continua la madre - si sono solo divertiti a prenderlo in giro. Ma la sua morte ha ridato vita ad un ragazzo, ferito gravemente in un incidente stradale, cui Pietrino ha donato il suo fegato». Poi ancora Maria Cosseddu aggiunge: «Chi lo ha aggredito non voleva ucciderlo, ma voleva solo castigarlo».
 Per la complessa vicenda processuale, relativa alla morte di Pietrino, la famiglia Nulchis si è affidata all’avvocato Romano Corsi, legale di parte civile, e all’investigatore reggiano Dante Davalli, esperto e consulente tecnico.
 L’avvocato Corsi, nella sua prolusione, ha messo l’accento sul fatto che «dopo l’aggressione, i giovani sghignazzavano e deridevano la vittima». «Tanto più - ha concluso il legale di parte civile - che l’imputato non può chiedere la legittima difesa nè invocare la provocazione del fatto».
 Romano Corsi ha chiesto la condanna dell’imputato e una provvisionale sul risarcimento danni di 150 mila euro per i familiari, costituiti parti civili. Il giudice Riccardo Nerucci ha accolto la richiesta.