E' durato un'ora il sopralluogo effettuato ieri pomeriggio in via Ceva dal
pool legale che difende l'uomo che la sera del 4 marzo ha colpito a morte il
22enne tunisino Hafedh Ben Sallemi.
L'avvocato d'ufficio Ernesto D'Andrea, il criminologo Carmelo Lavorino e l'investigatore
privato Dante Davalli, accompagnati dal perito balistico Paolo Romanini
e da un ispettore della sezione omicidi della squadra mobile, hanno scattato
fotografie ed effettuato rilievi sulla scena dell'omicidio, cercando di ricostruire
i movimenti fatti da Ben Sallemi e dal suo assassino lungo la via che collega
viale Piave a via Eritrea. Il pool è poi andato in questura, dove ha
preso in esame l'attività d'indagine svolta dagli investigatori, le fotografie
dell'esame autoptico scattate dal medico legale e quelle fatte dalla polizia
scientifica la sera dell'agguato.
Secondo quanto è emerso nel corso delle indagini, l'omicidio di via Ceva
è stata un'autentica esecuzione.
Tutto sarebbe cominciato dentro al bar Leone della vicina viale Piave. Il giovane
tunisino litiga con un marocchino di 26 anni che non esita a uscire dal locale
per andare a prendere una pistola a tamburo. Con l'arma rientra poi nel bar,
chiama fuori Ben Sallemi e poi, dopo un colpo andato a vuoto, in fondo a via
Ceva blocca il tunisino, sparandogli in faccia. Sul movente rimangono aperti
ancora diversi scenari: dal banale litigio conclusosi nel sangue, alla spietata
soluzione di una lotta di potere per motivi di droga o per il controllo del
territorio. Riconosciuto in questura da alcuni testimoni tramite una foto segnaletica,
l'assassino è ancora ricercato da polizia e carabinieri coordinati dal
sostituto procuratore Lucia Russo.